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All IPCC definitions taken from Climate Change 2007: The Physical Science Basis. Working Group I Contribution to the Fourth Assessment Report of the Intergovernmental Panel on Climate Change, Annex I, Glossary, pp. 941-954. Cambridge University Press.

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Temperatura e CO2 nel passato

Uno dei grafici più famosi per i "climatologi amatoriali" come me è quello delle ricostruzioni di temperatura e concentrazione di CO2 degli ultimi 420 mila anni dalla carota di ghiaccio di Vostok. Mostra come queste due quantità siano variate in sincronia e come il nostro clima abbia "oscillato" fra due limiti relativamente ben definiti.

Si può pensare di guardare un po’ meglio a questa correlazione. Prendiamo i dati della carota di ghiaccio di Dome C che copre un intervallo di 800 mila anni e facciamo il grafico della temperatura in funzione della concentrazione di CO2.


Fig. 1: : Temperatura e concentrazione di CO2 dai dati di Dome C (punti) e la retta di best fit (rosso). Per rendere le due serie coerenti in tempo ho interpolato i dati con una spline e ridotti ad uno passo comune di mille anni.

 

Questo grafico mostra come il nostro sistema climatico si comporta naturalmente. La retta è il fit dei dati e in qualche modo rappresenta la correlazione fra le due quantità. Qualunque sia il processo che abbia innescato queste variazioni, possiamo dire che il sistema climatico si porta nel suo stato di quasi-equilibrio con intervalli di valori approssimativamente definiti di temperatura e concentrazione di CO2.

Questo concetto è  reso esplicito in un recente articolo (Etkin 2010)  dove viene fatta un'analisi dello spazio delle fasi dei dati delle carote di ghiaccio e misure strumentali recenti. Nel grafico mostrato sotto, i punti, cioè le coppie (T,CO2), sono connesse con delle linee che mostrano la sequenza temporale dei vari stati.


Fig. 2: grafico dello spazio delle fasi dei dati dalle carote di Vostok e Law Dome e le misure dirette di Mauna Loa. (da Etkin 2010).

Nel grafico viene pure mostrato che a partire da un paio di secoli fa il sistema è stato improvvisamente spinto fuori da questo dominio per spostarsi in una zona completamente diversa. La pendenza è ora completamente diversa, quasi orizontale, la qual cosa porta a pensare che gli agenti che governano il clima sono diversi da qualunque altra cosa vista nelle ultime centinaia di migliaia di anni.

Anche se dall'analisi appena fatta sopra siamo stati in grado di trarre alcune conclusioni generali qualitative, in senso stretto la correlazione della temperatura andrebbe cercata con i cosiddetti forcing, o forzanti. L'eccesso di energia intrappolata da un aumento della concentrazione di CO2, chiamata appunto forcing, può essere approssimato dalla semplice relazione F=c*ln(C/Co), dove c è una costante uguale a 5.35 W/m2, C e Co sono la concentrazione di CO2 attuale e quella di un livello di riferimento arbitrario. In questo modo, l'asse con la concentrazione di CO2 nel grafico potrebbe essere convertita facilmente in forcing.

Masson-Delmotte et al. 2010 hanno fatto qualcosa di simile (e molto altro!). Da un'analisi accurata dei dati di EPICA Dome C, nella loro figura 5b riprodotta sotto, mostrano un grafico simile ai due precedenti. La differenza è che la temperatura è mostrata non in funzione della concentrazione di CO2 ma della somma dei forcing di CO2 e CH4.

Il fit lineare ha una pendenza di 3.9 °C per W/m2, che rappresenta una sorta di sensitività climatica locale definita come λ=ΔT/F, cioè l'aumento di temperatura locale per ogni W/m2 di aumento del forcing.


Fig. 3: Dati da EPICA Dome C (punti) con il relativo fit lineare e quadratico. (Da Masson-Delmotte et al. 2010).

Gli autori hanno anche aggiunto un fit quadratico, che porta ad un miglioramento del fit statisticamente significativo. La pendenza della curva rappresenta la sensitività climatica e quindi una sensitività climatica non più costante ma che varia fra i periodi glaciali e interglaciali. In particolare, durante i periodi più caldi è più elevata del valore medio. In altre parole, l'aumento di temperatura prodotto da uno stesso forcing è maggiore quando il sistema si trova in una fase più calda. Da notare che pure Hansen et al. 2008 trova una sensitività climatica maggiore nei periodi caldi attribuita a feedback molto lenti.

In conclusione si può affermare che i dati paleoclimatologici ci forniscono molte importanti informazioni sui meccanismi di funzionamento del nostro clima. In particolare ci mostrano come siamo già largamente al di fuori dell'intervallo di variabilità naturale visto durante l'ultimo mezzo milione di anni e più e stiamo proseguendo oltre. Le novità lungo questa strada potrebbero non essere belle come ci piacerebbe.

Translation by Riccardo. View original English version.



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