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All IPCC definitions taken from Climate Change 2007: The Physical Science Basis. Working Group I Contribution to the Fourth Assessment Report of the Intergovernmental Panel on Climate Change, Annex I, Glossary, pp. 941-954. Cambridge University Press.

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Cicli astronomici

Recentemente è uscito un nuovo articolo di Scafetta (una versione scaricabile si trova su arxiv ma non so se sono uguali). In due parole, Scafetta mette in relazione i moti orbitali dei pianeti con la variabilità solare e quindi con il clima sulla terra. Scafetta trova un ciclo dominante di 60 anni che, sostiene, riduce considerevolmente il contributo antropico al riscaldamento dopo gli anni '70.

Non entrerò nel dettaglio della sua analisi e delle ipotesi sul meccanismo ancora tutto da scoprire che ci sarebbe dietro. Dimentichiamo la fisica per un attimo, come fa Scafetta, e pensiamo solo in termini di cicli e periodi.

Scafetta fa una affascinante analisi di vari cicli orbitali che causano il moto del sole intorno al centro di massa del sistema solare. Viene assunto che in un qualche modo l'attrazione gravitazione influenzi l'attività solare.

Quindi confronta lo spettro di potenza dei dati di temperatura dell'Hadley dopo aver sottratto il trend con quello dei cicli orbitali e ottiene il grafico riprodotto qui sotto.


Fig. 1: riproduzione della figura 10B dell'articolo originale. Mostra la media mobile su otto anni della anomalia di temperatura dopo aver sottratto un fit quadratico (grigio); la linea nera sottile è la stessa curva spostata di 61.5 anni.

Ai dati è stato sottratto il trend assumendolo parabolico. Il ciclo principali di 60 anni, dovuto all'allinemanto fra Giove e Saturno, è evidente, ma ce ne sono altri. In particolare, ne identifica un totale di 10 dovuti a varie combinazioni di moti planetari e uno dovuto alla luna (fig. 6B nell'articolo). Di tutti questi cicli, solo altri due vengono considerati significativi, quelli con periodo di 20 e 30 anni.

Affascinante. Ma poche pagine dopo Scafetta scrive:

"Ad ogni modo, il significato della previsione con il fit parabolico non deve essere frainteso: infatti, si possono considerare funzioni di fit alternative, che darebbero un fit altrettanto buono fra il 1850 e il 2009 ma potrebbero divergere nel corso del ventunesimo secolo."

Questo avvertimento si riferisce al problema dell'estrapolazione nel futuro, che comunque lui mostra. Ma questa frase mi ha fatto pensare che è vero, una volta messa da parte la fisica, siamo liberi di usare il trend che preferiamo; quindi perchè parabolico? Ho cosi' deciso di guardare un po' più in dettaglio, cosa che è risultata essere l'inizio della fine.

La prima e più ovvia scelta è il trend lineare e quindi uno a potenza più alta. Ho mantenuto la stessa forma funzionale y=a(x-1850)n-b usata da Scafetta, ma ho usato n uguale a 1, 2 e 4. Ecco il risultato.


Fig.2: dati mensili HadCRUT3 (grigio) e i fit per n=1 (rosso), 2 (verde) e 4 (blu).

Già ad occhio si può notare che, grazie alla differente curvatura delle funzioni di fit, il comportamento fra il centro e gli estremi dell'intervallo è diverso. Ma per essere quantitativi, è necessario calcolare i residui, cioè la differenza fra i dati e il trend.

I fit sono stati fatti usando i dati mensili, come mostrato in fig. 2, ma dato che stiamo cercando cicli di periodo lungo, ho fatto uno smoothing dei dati prima di sottrarre il trend per "pulirli" un po', cosa fatta anche da Scafetta. Il risultato è mostrato nella figura seguente.


Fig. 3; residui calcolati con la curva di trend mostrata per n=1 (rosso), 2 (verde) e 4 (blu).

Come notato prima, il comportamento agli estremi dell'intervallo è opposto di quello al centro e i due picchi del 1880 e 200 diventano più piccoli aumentando n. In particolare, per n=1 la curva a stento si appiattisce intorno all'anno 2000 mentre per n=4 resta solo un picco piccolo e breve. Solo con n=2 si ottengono tre bei picchi della stessa altezza.

Più in generale, per n=4 il supposto ciclo di 60 anni sembra sparire dopo il picco dell'anno 1940. Non voglio dire che il trend per n=4 sia migliore di quello per n=2, ma in definitiva possiamo dire che il comportamento ciclico che si vede in figura 1 dipende dalla scelta della funzione per il trend. Vale la pena ricordare che questa scelta è arbitraria, non c'è alcuna fisica dietro.

Ho verificato queto risultato con altri dati di temperatura globale di superficie (GISS e NCDC) e, non sorprendentemente, confermano. L'affermazione che il contributo antropogenico all'aumento di temperatura dagli anni '70 è stato sovrastimato deve quindi essere accantonata, almeno finché non si fa una scelta appropiata del trend sottostante.

Ciononostante, alcuni piccoli e brevi picchi sembrano essere periodici e reali. Sono necessari studi sulla variabilità decadale più accurati e spero fondati sulla fisica, tenendo conto tutti i contributi esterni ed interni.

Translation by Riccardo. View original English version.



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